A cura di: Ufficio Stampa Sorgente

Che cosa fare del cordone ombelicale di proprio figlio dopo la sua nascita? È davvero utile optare per la conservazione delle cellule staminali che esso contiene al suo interno? Molti genitori che si pongono domande come queste cercano delle risposte attraverso i media. L’argomento, in effetti, è sempre più trattato dai giornalisti che però talvolta, a causa della difficoltà dell’argomento, riportano informazioni spiegate in modo errato o incomplete, generando spesso confusione negli utenti. Proviamo qui a mettere chiarezza su alcuni punti importanti e a dare le informazioni in modo chiaro e corretto.

Un concetto che genera talvolta confusione è quello di trapianto autologo. Si sente spesso parlare, erroneamente, di conservazione autologa effettuata dalle biobanche del cordone. Questa affermazione in realtà non ha alcun senso poiché la conservazione è una fase che viene prima del trapianto delle cellule staminali, ed è quest’ultimo che può essere autologo, nel caso di infusione delle cellule nell’organismo di colui che le ha generate, oppure allogenico, quando le staminali provengono da un donatore esterno. Le banche del cordone permettono l’eventuale utilizzo delle cellule sia per il trapianto autologo che per quello allogenico intra-familiare, caso in cui le cellule sono provenienti da un membro della famiglia del paziente.

Altro concetto da chiarire riguarda l’utilità e l’importanza del trapianto autologo di cellule staminali cordonali. Taluni sostengono che questa tipologia di operazione sia inutile poiché a essere infuse sarebbero le stesse cellule malate del paziente. Questo, in realtà, limita gli utilizzi delle cellule staminali cordonali al solo ambito onco-ematologico, senza considerare le proprietà rigenerative e antinfiammatorie di questo tipo di cellule[1], che possono inoltre essere utilizzate per trattare numerose patologie genetiche. Attraverso specifici esami effettuati nel corso della gravidanza i genitori possono infatti venire a conoscenza della possibilità che il figlio sviluppi una malattia trasmessa geneticamente. In questo caso è lo stesso Ministero della Salute [2] a consigliare la conservazione per uso autologo delle cellule staminali del cordone.

Secondo alcuni “ben informati”, infine, la vitalità delle cellule cordonali conservate non supera i 10/15 anni. A smentire quest’affermazione sono i numerosi studi scientifici che dimostrato che, crioconservate, queste cellule mantengono le loro importanti proprietà fino a 24 anni [3]. In conclusione, sono molte le definizioni erronee diffuse su quest’argomento, mentre spesso alcuni dati importanti vengono omessi. Un esempio di questo tipo è un dato negativo che riguarda il nostro Paese, contro cui sarebbe auspicabile prendere provvedimenti. In Italia, nonostante la presenza di 19 banche pubbliche, il 95% dei cordoni ombelicali è ancora destinato a essere smaltito insieme ai rifiuti biologici. Uno spreco inutile e controproducente per la salute dell’intera popolazione.

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Note:

1. Francese, R. and P. Fiorina, Immunological and regenerative properties of cord blood stem cells. Clin Immunol. 136(3): p. 309-22.
2. Decreto ministeriale 18 novembre 2009.